Come al solito la discriminante è l¹opportunità. Uno che è appena stato eletto senatore, può continuare, fosse anche per un giorno, a percepire l'indennità da consigliere regionale? La legge morale vorrebbe di no. Così come pure la Costituzione però (articolo 122 secondo comma), che definisce con criterio limiti e contromisure dei casi di incompatibilità. Ed è su questo assunto che, ieri mattina in aula, si è basata l¹accusa del procuratore generale della Corte dei conti Michele Oricchio, nei confronti di sette pezzi grossi della politica regionale
lucana. Sono imputati per aver provocato un danno ai soldi dei contribuenti la senatrice del Pd Maria Antezza, già presidente del consiglio regionale, l¹attuale assessore alla Pubblica istruzione e all'epoca dei fatti (elezioni politiche del 2008) vicepresidente del Consiglio Rosa Mastrosimone, l¹ex consigliere Pdci Giacomo Nardiello, già segretario dell¹ufficio di presidenza, il dirigente Ferdinando Giordano, il consigliere Franco Mattia del Pdl, il vicepresidente della Regione Basilicata Agatino Mancusi (Api) e Aldo Radice di Italia dei
Valori, tutti allora membri dell¹ufficio di presidenza del consiglio regionale. Nei loro confronti la Procura chiede «una sentenza coraggiosa», perché «forse è il primo caso simile in Italia, in cui sono chiamati a giudizio senatori e consiglieri regionali» per «indebiti oggettivi». I fatti sono ben noti e risalgono al 2008. Quattro consiglieri regionali si candidano alle Politiche e ce la fanno: diventano senatori. Sono la stessa Maria Antezza, Cosimo Latronico, Egidio Digilio e Carlo Chiurazzi. Passa un mese dall¹elezione e comunicano alla Regione
l¹opzione per il Senato: abbandoneranno il consiglio regionale. Serve,ora, il passaggio formale per dare corso alle dimissioni. Compito dell'ufficio di presidenza dell'organismo elettivo, dice l'accusa. L'ufficio di presidenza, però, non agisce tempestivamente, con l¹effetto che i quattro neoeletti, per due mesi, percepiranno entrambi glie emolumenti: quello da parlamentare e quello da consigliere regionale. Tutto ciò nonostante la Costituzione lo vieti esplicitamente: le due cariche non sono cumulabili. Quanto ci è costato tutto ciò? Per la Procura della Corte dei conti ben 106mila 140 euro e 79 centesimi, di modo che ogni indagato dovrebbe restituire alla Regione 15mila 163 euro di risarcimento. «La procura richiede a questo collegio - ha detto ieri
Oricchio al presidente e ai consiglieri - d'affermare che la legge è uguale per tutti. Non ci interessa qui tanto la sanzione morale - ha aggiunto - nonostante sia immorale la percezione e poi la mancata restituzione delle somme ricevute. Ci interessa invece - ha detto Oricchio - il disposto costituzionale che vietava a quei quattro
consiglieri di percepire l¹indennità. Che la sentenza - ha concluso - metta fine alla convinzione di essere superiore alla legge: com'è che la Antezza nel 2008 non provvede a rinunciare all¹indennità da consigliere e, a parti invertite, nel 2010 conl rinnovo del consiglio regionale, specifica di voler restare in Senato e di voler rinunciare all'indennità di consigliere?». La difesa, a cura di Paolo Galante, Giacomo Bracciale, Gianni Losasso, Luigi Petrone e Gerardo Saponara, ha parecchio insistito sulla differenza tra la questione di opportunità politica e condanna morale e la violazione della legge vera e propria. C¹è chi ha scongiurato un¹ulteriore delegittimazione della classe politica con una sentenza fortemente simbolica, chi ha ricordato che l¹obbligo morale non è coercibile e chi ha scaricato la responsabilità sulla burocrazia sostenendo che l¹ufficio di presidenza aveva fatto tutto ciò che si poteva fare. Dai giudici una sola parola: «Si deciderà».
di Rosamaria Aquino Il Quotidiano della Basilicat
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